Caso Sacchi, quanto non conosciamo i nostri figli?

La riflessione della psicologa Maria Luisa Iavarone

Sul caso Luca Sacchi abbiamo tracciato con la psicologa sociale Maria Luisa Iavarone presidente anche della associazione A.R.T.U .R un’analisi profonda e accurata sul “Mondo” dei nostri figli:

“Chi è Luca Sacchi? Se lo stanno afferma la psicologa Maria Luisa Iavarone Non ti ci mettere pure tu che già sono troppi casini chiedendo in tanti in questi giorni. La triste parabola di una breve vita di un ragazzo che trova una morte violentissima, in ancora oscure circostanze. Un colpo alla nuca, dato a distanza ravvicinata, che ha trapassato il collo, con un foro da otto millimetri che ha trasformato il suo volto in una maschera di sangue. Luca è un ragazzo tranquillo, normale, ama lo sport, ha un bellissimo fisico e fa il personal trainer in palestra.

Luca ha una famiglia unita, senza problemi economici, arrotonda addirittura con i profitti di una piccola proprietà di famiglia adibita a casa vacanza, di cui si occupa. E, infine, ha una fidanzata che ama, una bella ragazza venuta dal freddo, con occhi di ghiaccio e un ruolo in questa storia.

Ma perché un ragazzo così, ad un certo punto, si trova coinvolto in una vicenda del genere?

Luca non è un drogato, lui la droga la odia, è un cultore del fitness ed è molto attento all’alimentazione, sgrida mamma se cucina una matriciana di troppo e papà che ha il vizio di bere bibite gassate a tavola.

Eppure, Luca, è coinvolto in una brutta vicenda: la sua ragazza ha circa 2000 euro nello zainetto che servono evidentemente a pagare una partita di droga. Ma cosa porta un 24enne normale, in assenza di una contiguità familiare criminale, a ritenere di potersi mettere in affari in un settore che non è il suo? Insomma, cosa persuade un ragazzo perbene a decidere di improvvisarsi piccolo imprenditore della droga?

Io penso che dietro questa storia si celi un’analisi che ancora non abbiamo fatto. I nostri ragazzi, che poi sono i nostri figli, anche quando un futuro ce l’hanno, si percepiscono comunque “carenti”, desiderano sempre qualcosa: più danaro, più vestiti, più oggetti di consumo, più vacanze e divertimenti, insomma tutta quella manciata di status symbol che tanto piacciono a lui a alla sua bella fidanzata. Allora, un piccolo colpo che li faccia “svoltare” per un po’ è qualcosa di “accoglibile”, in fondo un modesto investimento che può fruttare fino a venti volta quella cifra.

Quello che disorienta è pensare che la spinta al desiderare, all’ottenere, al possedere, sfondi qualsiasi barriera etica che faccia trattenere un giovane dal pensare di ottenere profitto sulla salute di qualcun altro. Le droghe più pericolose, come le pastiglie di cui non si conosce provenienza e composizione, sono proprio quelle messe in circolo dai piccoli dettaglianti ai quali sono passate le sostanze più nocive e di peggiore qualità.

Spio, allora, anch’io con turbamento mio figlio, seduto sul divano con la testa nel suo cellulare: dentro quella mente, che si prolunga nel software del suo telefono, chissà quante altre vite vi abitano e quanti pensieri, volizioni, valori e disvalori.