Sarah Falanga: Il teatro è una sfida

Al teatro Sannazzaro con il suo spettacolo ‘Natale in casa di Donne’

di Mariateresa Di Pastena

Sarah Falanga, artista napoletana eclettica e geniale, è l’ideatrice, regista ed attrice dello spettacolo teatrale ‘Natale in casa di Donne’,  (liberamente tratto dal mitico Natale in casa Cupiello del grande Eduardo De Filippo), che andrà in scena giovedì 8 ottobre, alle ore 21, al teatro Sannazzaro di Napoli (via Chiaia, 157, biglietto euro 16,  per informazioni e prenotazioni : info@teatro sannazzaro.it –  tel 081411723 – 081418824). Sul palco, insieme a lei, tanti bravissimi attori:  Laura Mammone, Pina Di Gennaro (Melina Cappuccio ne ‘L’amica geniale’), Giusy Paolillo, Luisa Tirozzi, Stefano Pascucci, Christian Mirone e Damiano Agresti. Tra questi,  alcuni sono suoi allievi dell’Accademia Magna Graecia di Paestum, di cui è fondatrice.  

E così, finalmente, il teatro,che ha già insite in sé, nel proprio nome, le lettere che servono a formare la parola ‘arte’,  e che, di quest’ultima, è una delle espressioni più emblematiche e fedeli, riprende vita. E il merito è anche della nostra Sarah, che, oltre ad essere attrice teatrale, cinematografica e televisiva,  è autrice, regista,  cantante e doppiatrice (ad esempio, ha prestato le sue corde vocali a Marge dei Simpson)), Del teatro, in particolar modo, Sarah è una vera paladina e un’ artefice preziosa. Anzi, del meta-teatro, come lo definisce lei stessa, che fa dell’interazione con il pubblico la propria arma vincente.  

Alle sue spalle (seppur giovani), ha  una lunghissima carriera, che vanta un curriculum, di studio e  di lavoro, invidiabile,  con grandissimi nomi del panorama culturale. Tra questi ne citiamo solo alcuni, di cui è stata allieva: Tato Russo, che lei definisce un padre artistico, un maestro di vita e uomo di grande sensibilità e generosità,  Vittorio Gassman, Andrea Camilleri, Dario Fò, Massimo Ranieri, Lucio Allocca, Francesca De Sapio, tutti grandi esempi.  Tantissimi gli spettacoli teatrali e le serie televisive di cui è stata ed è  protagonista: tra i primi, ricordiamo  Il ritratto di Dorian Grey, i Promessi Sposi – Musical, di Tato Russo, Mine vaganti, di Ozpetek,  Mi chiamano Mimì, di cui è autrice (che riprende il celebre verso della Bohème di Puccini per omaggiare la grande Mia Martini, che Sarah definisce una ‘dea del mare’). E, tra le seconde, Un posto al Sole,La squadra,  Il peccato e la vergogna, I bastardi di Pizzofalcone, Gomorra 4, l’Amica Geniale.

Una donna molto colta, volitiva, combattiva e sensibile, Sarah, molto attenta alle tematiche sociali, di cui si fa portavoce e sostenitrice. Una vita spesa per il pubblico e per la gente (soprattutto per quella più fragile),senza la quale, parole sue,  la vita stessa non avrebbe alcun senso. Con lei abbiamo fatto una piacevolissima ed interessante chiacchierata

Cosa rappresenta, per te, il teatro?

E’  il contatto stretto con il pubblico, l’esigenza di portarlo negli occhi della gente. Nel 2006 ho fondato, a Paestum,  l’Accademia Magna Graecia,  ed  ho stretto un accordo di valorizzazione con il Parco archeologico di Paestum ,con il suo patrimonio culturale ed artistico. L’Accademia rappresenta anche una sorta di liberazione, ero stanca dei soliti cliché: dopo aver portato in scena per  anni il musical ‘Il ritratto di Dorian Grey’ , pur essendo stata un’esperienza bellissima,sentivo dentro di me che  la ripetitività era diventata un appiattimento dal quale dovevo e volevo evadere.  In fondo, il  teatro, per me, ha sempre coinciso con l’esigenza di creare,  ma anche  di combattere e superare  la mia timidezza, nonché con l’impulso di rivolta. Per poter fare teatro mi sono messa contro tutti e tutto, per me è una sorta di ribellione, di prova di coraggio. Una vera e proprio sfida. 

 Come nasce l’idea di questo spettacolo che, pur rifacendosi ad un cult, è così originale? 

Poiché lì, a Paestum, a cui sono molto legata, l’idea, il simbolo del teatro era in assoluto Natale in casa Cupiello,  ho deciso di lavorare su Eduardo, ma in modo diverso da come in genere si fa:  spesso viene imitato, invece di essere ritenuto soprattutto un esponente della letteratura  quale è, un vero patrimonio letterario. Pensiamo, ad esempio,a Shakespeare e a come nessuno si sia mai sognato di imitarlo, ma di pensare a lui come  autore e letterato. Così ho voluto consacrare Eduardo, soprattutto nel suo ruolo di autore teatrale, ed ho pensato di  volgere la sua opera più rappresentativa  al femminile:  un atto unico in cui Lucariello è diventato  Lucariella, poi c’è Tommasina, e via dicendo …  E in cui lo zio Pasqualino assume, diciamo così, una matrice ruccelliana. Inoltre, il presepe è come una culla, che accoglie. La storia e i costumi sono senza tempo: questi ultimi sono un misto di elementi di varie epoche e sono neri, per non far distrarre lo spettatore. I dialoghi sono quelli originali, ma il testo è stato rielaborato e snellito. Gli attori, tra cui alcuni miei allievi, interiorizzano le parole, fino a sentirle dentro di loro, proprio come insegna il metodo Strasberg, che io ho studiato all’Actor’s Studio di New York, quindi usando la tecnica del richiamo emotivo.

In genere, come reagisce il pubblico davanti a questo ‘stravolgimento’  al femminile di Natale in casa Cupiello?

All’inizio resta un po’ sbalordito, ma poi si commuove davanti  all’ironia e alle emozioni che gli attori riescono a portare in scena:  sono davvero bravissimi e per me è una grande gioia lavorare con loro. E’ proprio vero  che nessuno ha tanta ironia nell’animo, come noi napoletani. Lo spettacolo  parte da Viviani, passa per Scarpetta e arriva alla letteratura post eduardiana.

Sei una vera cultrice del classicismo e della mitologia greci: hai interpretato ed interpreti  personaggi mitologici ed emblematici quali Medea, Antigone, Elettra …  In particolare, Medea:  una figura  inquietante, ribelle e senza scrupoli, che arriva perfino ad uccidere i propri figli! Com’è interpretarla e cosa  ha significato, per te?

Medea è caratterialmente tutto ciò che io non posso essere: io sono nata per essere paziente, lungimirante. Poiché è una rappresentazione molto richiesta, ogni volta, per me, interpretarla è faticoso e, oserei dire, pericoloso: molti giorni prima io comincio a diventare e ad essere  lei, e  ho bisogno di una grande concentrazione. Ed è, ogni volta, anche questa,  come Natale in Casa di Donne, e come sempre, una grande sfida.   Arricchisco il personaggio di Medea  riempiendolo della mia solitudine, dell’oppressione per le scelte forzate, del dolore, e, perché no, anche dell’astuzia, che fa parte di ogni essere umano. Lei è una ‘barbara’, ed io in questo mi riconosco

A volte, in modo retrogrado e ‘ignorante’, si ritiene una sorta di ossimoro il binomio femminismo – femminilità …    Se dovessi dare una definizione di quest’ultima?

La paragonerei ad un arcobaleno colorato, fluido, che dà vita a tanti altri colori: la femminilità è armonia nel modo di essere e di vivere, è eleganza, compostezza, profondità.

Sei molto attiva nel volontariato: com’è nata, ad esempio, la tua collaborazione con la Onlus Amici per il Centrafrica?

Direi che è nata per caso, un segno del destino, mentre perdevo una delle persone più importanti della mia vita, il mio ‘zio papone’ come lo chiamo io, un uomo esemplare e meraviglioso con cui sono cresciuta. Ero a Lecce, per la tournee teatrale di  Mine vaganti di Ferzan Ozpetek (una parte del ricavato andava proprio a quest’associazione) e, dopo aver ricevuto la tremenda notizia, incrociai  e conobbi Carola Muttoni,  socia fondatrice di questa Onlus. In quel preciso momento ho capito che tutte le mie energie che avevo rivolto fino ad allora all’uomo più importante della mia vita,avrei potuto indirizzarle verso tante persone bisognose. Naturalmente, mi dedico anche qui a Napoli a molte persone fragili.

Il settore dell’arte e della cultura, come molti altri, è stato molto penalizzato dal lockdown: tu come hai vissuto quel periodo? Quale sarà il  tuo prossimo progetto?

Ancora teatro e un film su Carosone. Sì, purtroppo il lockdown ha messo ancora più in luce il fatto che gli operatori culturali sembra non esistano …  Io, per fortuna, ho potuto lavorare un po’ da casa. Ho scritto, ed ho apprezzato il silenzio. Ma l’arte, la cultura hanno bisogno del pubblico, della gente. Senza di loro, noi non siamo niente!