«Così ho insegnato ai ragazzi ad amare lo studio»

Il docente affetto da Coronavirus che ha fatto lezioni dal letto dell'ospedale Rizzoli

Marco Martone

Quando ha squillato il cellulare e qualcuno gli ha comunicato che il Presidente della Repubblica Mattarella, gli aveva conferito la nomina di Cavaliere del lavoro, ha avuto un momento di smarrimento, quasi di confusione.  Ambrogio Iacono, il professore ischitano che pur affetto da coronavirus, ha continuato a insegnare ai suoi alunni online, dal letto dell’ospedale Rizzoli, dove è stato ricoverato per alcune settimane, è un uomo schivo, che non ama la popolarità, quasi timido. Diventare un personaggio famoso proprio non rientrava nelle sue ambizioni. E invece il suo attaccamento al lavoro, il suo amore per i suoi studenti, non è passato inosservato. Prima sono arrivate le televisioni, quelle regionali, poi quelle nazionali, poi i quotidiani e infine il Capo dello Stato.
“Non percepisco la dimensione di ciò che è mi capitato, non mi piace la popolarità, adesso vivo una grande emozione”, racconta il docente a Scrivonapoli e al Quotidiano Napoli.
La voce rotta dall’emozione stenta a ricostruire i momenti drammatici e allo stesso tempo di straordinaria passione, vissuti in quella stanza d’ospedale. “E’ stata  un’esperienza unica – dice – i ragazzi mi hanno mostrato grande affetto. Ora la scuola è finita e in occasione dell’ultima lezione si è creata una chimica particolare, una sorta di alchimia”.
E se le chiedo cosa le resterà di tutto questo, cosa mi risponde?
“Io penso che la conseguenza più importante di tutto questo periodo, sia la riscoperta da parte dei ragazzi del gusto per lo studio. I miei studenti hanno imparato ad amare la materia che gli insegno”.
Eppure in ospedale ha vissuto momenti difficili.
“Quando ero al Rizzoli provavo una sorta di vergogna ed ero molto titubante se continuare o no a dare lezione ai miei alunni. Poi il contatto, sia pure a distanza, con gli alunni, la loro commozione, mi hanno spinto ad andare avanti. Ho sentito di essere importante per loro. Insegno Scienze integrate, una materia in grado di guidare i ragazzi in un momento così particolare per la loro vita. In quelle settimane di emergenza gli ho fatto capire cos’è veramente la malattia”.
Ed è guarito anche grazie a questo amore?
“No saprei, certo il rapporto con gli studenti mi ha aiutato a vivere la malattia con più serenità. Ho continuato a sentirmi vivo anche in ospedale”.
Oggi il suo pensiero va alla scuola del futuro.
“Mi spaventa la situazione dei precari della scuola. Per quanto riguarda i ragazzi, invece, dal 2021 saranno proiettati nell’era post covid. Per questo bisogna prendere coscienza dell’importanza della scuola e dare a docenti e alunni gli strumenti giusti per affrontare questo nuovo mondo. Lo dico da insegnante ma anche da padre. Sapere come si d’insegna è una cosa, saper insegnare è un’altra”.