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IL FATTO

A Napoli la prima mostra sui codici purpurei

Purpurei

In mostra alla Biblioteca Nazionale di Napoli dal primo dicembre due manoscritti di rara preziosità integralmente  in pergamena purpurea e vergati in inchiostri d’argento e d’oro: un Vangelo ravennate (ex Vindob. Lat. 3) contenente frammenti dei Vangeli di Luca e Marco, tra i più antichi codici purpurei conservati nei musei e biblioteche europee, risalente alla fine del V sec. d.C., e un Lezionario (ex Vindob. Gr. 2) databile al IX o a X sec. di committenza imperiale bizantina, come sembra suggerire il signum crucis con iscritto il nome “Basilius”, probabilmente un riferimento a Basilio I il Macedone o a Basilio II, entrambi appartenuti al convento di San Giovanni a Carbonara e, dopo varie vicende, pervenuti alla Biblioteca Nazionale di Napoli.

“Di porpora e di luce. Forma e materia dell’antico nei codici della Biblioteca Nazionale di Napoli” questo il titolo della mostra allestita a Napoli, la prima in assoluto dedicata ai codici con fogli in pergamena purpurea, frutto della collaborazione tra il Dipartimento di Lettere e Beni Culturali dell’Università della Campania “Luigi Vanvitelli” (Teresa D’Urso e Giulia Simeoni) e la Biblioteca Nazionale “Vittorio Emanuele III” (Daniela Bacca). Una mostra resa possibile, sottolinea la direttrice Maria Iannotti, dalla ricchezza di codici purpurei della biblioteca napoletana, sempre prodiga nel donarci bellezza ed occasioni di ricerca scientifica.

L’uso di realizzare lussuosi codici con fogli in pergamena color porpora, riprende vigore a Padova intorno alla metà del Quattrocento, quando la città è frequentata da maestri rivoluzionari come Donatello e Andrea Mantegna, campioni di un nuovo linguaggio artistico che guarda  al mondo  antico  come  principale  modello  di  riferimento. Dal Veneto a Roma, attraverso la circolazione di libri, artisti e committenti, nella seconda metà del Quattrocento la moda del codice ‘all’antica ’ e il revival dei purpurei si diffondono anche nella Napoli aragonese (1443-1501). Testimone esemplare della circolazione di artisti e di opere è il De Officiis di Cicerone (ms. IV.G.65), realizzato nell’Urbe verso il 1470 dal calligrafo Bartolomeo Sanvito e dal miniatore Gaspare da Padova per un membro della famiglia Gonzaga di Mantova.

Alla stagione rinascimentale, e a Napoli in particolare, si ricollegano ben cinque manoscritti. Si tratta di codici realizzati nella seconda metà del Quattrocento per la celebre Biblioteca napoletana dei re d’Aragona o per committenti meridionali di alto rango: il bellissimo Breviario di re Ferrante d’Aragona (ms. I.B.57), il Libro d’ore (ms. XIX.27), le Sentenze in volgare di Plutarco (ms. XII.E.34), la Raccolta di testi grammaticali (ms. San Martino agg. 86) e infine  l’Opera di Apuleio (ms. CF.3.7),  un prezioso manoscritto concesso in prestito dalla Biblioteca e Complesso monumentale dei Girolamini, unico esemplare in mostra a recare un foglio in pergamena di colore ocra (detta crocea dal colore dello zafferano, o croco), realizzato per il raffinato bibliofilo Andrea Matteo III Acquaviva (1458-1529), duca d’Atri

La mostra racconta, attraverso straordinari codici con fogli purpurei antichi, medievali e rinascimentali, l’avventura plurisecolare di un prodotto librario che ha segnato la storia della cultura occidentale, cambiando nei secoli forma, significato e funzione, ma mantenendo intrinseche valenze simboliche. Il colore porpora, fin dall’antichità associato all’idea di ricchezza e potere ed alla figura dell’imperatore, con l’avvento del cristianesimo viene messo in relazione al sacrificio di Cristo, ma anche alla sovranità della Chiesa che adotterà la simbologia del potere imperiale.

La mostra [visitabile gratuitamente fino al 6 febbraio] include anche una sezione in cui sono esposte fonti letterarie che documentano la diffusione dei codici purpurei e l’uso e il significato della porpora attraverso i secoli; si chiude, infine, con una sezione dedicata alla tintura della pergamena e ai coloranti utilizzati per ottenere il colore porpora nelle sue diverse tonalità.

L’interessante mostra rientra nell’ambizioso progetto multidisciplinare PURPLE – PURple Parchment LEgacy, finanziato dal Ministero dell’Università e della Ricerca, basato su una serrata collaborazione tra la ricerca storico-artistica e l’indagine scientifica.  Sui manoscritti esposti in mostra sono state effettuate analisi diagnostiche con tecniche avanzate non invasive sotto la guida del prof. Maurizio Aceto (Dipartimento per lo Sviluppo Sostenibile e la Transizione Ecologica dell’Università del Piemonte Orientale), del prof. Angelo Agostino (Dipartimento di Chimica dell’Università di Torino) e del dott. Marcello Picollo (Istituto  di  Fisica  Applicata  “Nello Carrara” – CNR). Le analisi scientifiche, esaminando le peculiarità tecniche e materiche e analizzando i pigmenti, hanno permesso di gettare nuova luce sulla vita di questi codici, testimoni unici del ‘filo purpureo’ che unisce l’Antichità al Rinascimento, assicurando così la conservazione di questi veri e propri oggetti d’arte per le generazioni future.

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