Maestri di strada, storia di paradossi al Bellini di Napoli

Uno spettacolo tra musica e teatro, caratterizzato da un fitto intreccio di personaggi

L’ASSOCIAZIONE MAESTRI DI STRADA, INSIEME AI GIOVANI DELLA PERIFERIA EST DI NAPOLI E GLI EDUC-ATTORI DI TRERROTE, DEBUTTA, IL 31 GENNAIO E IL 1 FEBBRAIO, AL PICCOLO BELLINI,
“IL CUNTO DEL VIAGGIO DEI DUE NOBILI GENTILUOMINI” (ADELPHOE), LIBERAMENTE TRATTO DA SHAKESPEARE E TERENZIO.

LO SPETTACOLO FA PARTE DELLA PROGRAMMAZIONE 2018 DELL’ASSOCIAZIONE PRESIEDUTA DA CESARE MORENO PER RACCOGLIERE FONDI NECESSARI ALLA NASCITA DELLA FONDAZIONE MAESTRI DI STRADA.

Nicola Laieta, con i giovani di Maestri di Strada della periferia est della città e gli educ-attori dell’Associazione Trerrote, ritorna per il secondo anno consecutivo al Piccolo Bellini di Napoli (via Conte di Ruvo, 14) e presenta il 31 gennaio e 1 febbraio, alle ore 21:15 Il cunto del viaggio dei due nobili gentiluomini, liberamente tratto da Terenzio e Shakespeare.
Uno spettacolo tra musica e teatro, caratterizzato da un fitto intreccio di storie e di personaggi. Storie di padri e figli, di fratelli, d’invidia, d’amore, di vendetta. Tutti i personaggi sono alla ricerca di se stessi all’interno di una narrazione che culminerà con un finale sorprendente.

«Come dice uno dei personaggi di Terenzio, i genitori giudicano i figli in base ai loro desideri, ma non quelli di quando anch’essi furono giovani ma con gli occhi della loro vecchiaia. Pur se apparentemente inconciliabili le vite di tutti i personaggi così diversi nei pensieri e nelle condizioni di vita sono profondamente intrecciate e invischiate in un’insaziabile fame d’amore e riconoscimento, proprio quell’amore che spesso i fratelli si contendono sentendosi dipendenti dall’affetto dei genitori. – ci racconta Nicola Laieta, regista e coordinatore del Laboratorio delle Arti di Maestri di Strada – Le passioni arrivano alle loro estreme conseguenze senza riuscire a colmare l’insoddisfazione nella mente dei protagonisti. Esistono infatti ragioni del cuore che la mente non sa spiegare, questa frase di Montaigne, conosciuta nella pratica di lavoro con Cesare Moreno, ben rappresenta, secondo me, gli sforzi dei Maestri di Strada di procedere spesso a tentoni, ma insieme  attraverso la riflessione comune e il dialogo verso le ragioni e le regioni oscure della tristezza e del risentimento dei ragazzi che incontriamo».

Lo spettacolo s’inserisce nella programmazione delle attività 2018 di Maestri di Strada nella prospettiva di attivare la raccolta dei fondi che contribuiranno alla nascita della Fondazione Maestri di Strada per assicurare un futuro più certo alle attività future. Recentemente il presidente Cesare Moreno è stato insignito del Premio Fondazione Premio Napoli alla Cultura 2017, con l’assegnazione di una somma di quattromila euro «che rappresentano – dichiara Moreno – la prima pietra per la costituzione della Fondazione Maestri di Strada indispensabile per passare da un’amministrazione fondata sulla garanzia personale del presidente a un’amministrazione garantita dal fondo di dotazione».

SINOSSI
Ctesifone e Eschilo sono due fratelli molto diversi: il primo è un ragazzo pacato, amato dai familiari ma soggetto al volere del padre Demea; il secondo è un giovane scapestrato, con una cattiva reputazione e cresciuto (per motivi misteriosi) con lo zio paterno Micione.
Ctesifone si innamora perdutamente della prostituta Bacchide, schiava del pappone Sannione, e chiede al fratello di rapirla per lui. Eschilo, invidioso perché Ctesifone è benvoluto da tutti e accusato di aver violentato Panfila, sceglie di tenere Bacchide per sé. La giovane vede nel furbo e svelto Eschilo la possibilità di riscattarsi dalla sua condizione e i due fuggono insieme, inseguiti dal pappone e dalle altre prostitute invidiose. Anche Ctesifone si mette alla caccia dei due giovani. Quando i fuggiaschi saranno raggiunti dai loro inseguitori, la vendetta sembra prendere il sopravvento.

NOTE DI REGIA
In questa storia di paradossi, due stili educativi si confrontano e si scontrano generando ansie e comiche diatribe tra due fratelli antitetici, Micione il comprensivo e l’irremovibile Demea, padri di due figli altrettanto opposti l’impulsivo Eschino e il pavido Ctesifone. I padri e i figli, pensano e agiscono su binari paralleli senza riuscire a trovare mai un punto di incontro e di reciproca influenza come se mancasse a entrambe le generazioni la capacità e la volontà di riconoscere nell’altra una parte di sé. Come dice uno dei personaggi di Terenzio, i genitori giudicano i figli in base ai loro desideri, ma non quelli di quando anch’essi furono giovani ma con gli occhi della loro vecchiaia. Pur se apparentemente inconciliabili le vite di tutti i personaggi così diversi nei pensieri e nelle condizioni di vita sono profondamente intrecciate e invischiate in una insaziabile fame d’amore e riconoscimento, proprio quell’amore che spesso i fratelli si contendono sentendosi dipendenti dall’affetto dei genitori. Le passioni arrivano alle loro estreme conseguenze senza riuscire a  colmare l’insoddisfazione nella mente dei protagonisti. Esistono infatti ragioni del cuore che la mente non sa spiegare, questa frase di Montaigne, conosciuta nella pratica di lavoro con Cesare Moreno, ben rappresenta secondo me gli sforzi dei Maestri di Strada di procedere spesso a tentoni, ma insieme  attraverso la riflessione comune e il dialogo verso le ragioni e le regioni oscure della tristezza e del risentimento dei ragazzi che incontriamo. Eschino e Ctesifone, Micione e Demea, e gli altri personaggi, in un gioco di specchi, diventano il riflesso caleidoscopico, dei mille aspetti della dimensione del “fraterno” tanto pericolosa quanto produttiva per noi tutti. Scrivere e realizzare questo spettacolo, partendo dai sentimenti dei miei giovani compagni ha significato, sperimentare però tutte le possibilità positive e creative della dimensione fraterna: il senso di protezione, la cooperatività, il conoscersi attraverso lo sguardo dell’altro, la capacità di superare il conflitto. Le uggiose e malinconiche lune dell’adolescenza riusciranno a illuminare la notte a giorno come splendidi e possenti soli della felicità pubblica.