La magia dei pastori napoletani sbarca a Milano

Anche questʼanno si rinnova l’appuntamento con la tradizione partenopea

Eleonora Belfiore

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E subito, nella nostra memoria, scorrono veloci le immagini di Natale in Casa Cupiello, splendida commedia nota sopratutto per il tormentone: ʻʻTe piace ‘o Presebbio?ʼʼ, domanda che il protagonista, Luca (interpretato magistralmente da Eduardo De Filippo), ripete più volte al figlio ʻʻriluttanteʼʼ. A dispetto dello sprezzo di questʼultimo, non vi è dubbio che ancora oggi questa antichissima tradizione sia tra le più care ai napoletani e non solo, ricca di implicazioni che attingono alla storia personale di ognuno. 

Per celebrare questa forma artistica, unica nel suo genere, capace di mescolare sacro e profano, le  vetrine di Rinascente, in piazza Duomo a Milano, sono state addobbate a tema, grazie a tre illustri partner scelti per l’occasione: Di Virgilio – che ha offerto una ricostruzione della sua bottega, con la Natività e le iconiche campane di vetro – la Bottega Ferrigno di Giovanni e Monica Giudice, che ha riproposto le maestose ambientazioni tipiche del marchio – e  Marco Ferrigno, con la riproduzione della bottega di famiglia in una vetrina e i suoi inconfondibili angeli nell’altra. Davanti a ogni vetrina è stato posizionato anche un personaggio laico famoso, a grandezza naturale: lo Sciò Sciò, Maradona, Eduardo De Filippo, Totò, la bella ‘mbriana e Pulcinella.

Un bel modo per dare risalto all’artigianato napoletano, per azzerare le distanze fra Nord e Sud in un momento tanto delicato della storia italiana, e per divulgare il tripudio festoso di San Gregorio Armeno, la via posta – in maniera emblematica – in una delle aree da sempre “sacre” della città. Già prima della sua realizzazione, infatti, qui esistevano altri edifici di culto pagano, come i templi dedicati a Cerere, a Diana e, andando indietro nel tempo, ai Dioscuri.

L’iconografia del presepe trova origine nei testi biblici, nei vangeli canonici e in quelli apocrifi. La rappresentazione della Natività sembra richiamarsi a un passo del protovangelo di Giacomo, un testo apocrifo per l’appunto, in cui si afferma che nel momento della nascita di Cristo gli esseri viventi si immobilizzarono come per incanto.

Il primo presepe risale al 24 dicembre 1223 quando San Francesco d’Assisi chiese a Onorio III di poter far rivivere, in una grotta dei dintorni di Greccio, la scena della Natività. Ma è grazie a San Gaetano da Thiene, che operava nella chiesa di San Paolo Maggiore, proprio a due passi da San Gregorio Armeno, che i pastori iniziarono a essere vestiti con abiti “contemporanei”, una tradizione che raggiunse lʼapice durante il regno di Carlo di Borbone, grande appassionato di presepi. 

Lo splendore di questa arte è ancora visibile nei numerosi presepi allestiti in città, come quello della chiesa di San Nicola alla Carità che richiama visitatori da ogni parte del Paese e del mondo.  

Il presepe è  metafora dello spirito di un’epoca, poi non troppo dissimile dalla nostra, con i suoi sogni e le sue contraddizioni, in un’atmosfera perennemente idilliaca malgrado i tanti problemi,  dove la realtà è colta con sguardo ora bonario, ora malinconico e indulgente. 

La spiegazione del suo fascino immortale risiede nel riflettere più che un’era, uno stato mentale, un luogo dell’anima.