Se questo è il calcio…

di Fabio de Paulis

All’indomani della tanto attesa sfida scudetto, che poi tale non è stata, tra Juventus e Napoli la delusione per lo spettacolo offerto, e non soltanto per il risultato, è stata enorme, grande quanto l’attesa. La invincibile Juventus, quella delle 14 vittorie consecutive in campionato, che giocava in casa per il sorpasso in classifica, in uno stadio privo di tifosi avversari, che rappresenta l’Italia in Champions League come campione del proprio torneo, alla fine, cioè all’88° minuto, ha vinto. Ha vinto rinunciando a giocare. Ha vinto chiudendosi in difesa per annullare i vari Higuain, Callejon, Hamsik ed Insigne, costringendoli al non gioco. Ha vinto presidiando le fasce per impedire lo sviluppo del gioco. Ha vinto riducendo i suoi stessi campioni a giocate impossibili perché costretti a partire da quaranta metri rispetto alla porta avversaria. Ha vinto per caso. Ha vinto per il non gioco. Anzi, ha vinto il non gioco. Molti saranno contenti del risultato, ma i più sono rimasti delusi dallo spettacolo offerto, poiché l’evento è stato venduto in tutto il mondo. Chi paga per assistere ad uno spettacolo ha il diritto di vedere spettacolo. Le vittorie da provinciali, con tutti gli annessi a livello mediatico, non pagano più. All’aeroporto di Capodichino stanotte c’erano tremila tifosi, anzi no, tremila sportivi festanti ad attendere la squadra che ha perso, partita e primato. Nel resto d’Italia, quella della vittoria sul campo, oggi ha si assapora il gusto amaro della raggiunta consapevolezza che con questo calcio non si va da nessuna parte. I Mancini, gli Allegri, i Garcia, i Mourinho che fanno spendere milioni di milioni per farsi acquistare campioni da relegare in difesa, hanno fatto il loro tempo. Oggi assistere ad una partita costa. Costa il biglietto allo stadio. Costa l’abbonamento alle tv satellitari e non. Incide sul bilancio delle famiglie. Quindi chi paga vuole vedere sport. Ai tempi di tutto il calcio minuto per minuto, poteva bastare solo il risultato, ma oggi non più. Oggi, chi è abituato a non vincere, urla a gran voce: grazie Sarri.