Viaggio filosofico alla scoperta dei luoghi di Virgilio

Una passeggiata magica fatta di voci, stimoli, musica, volti ed esperienze

Dopo la fortunata Notte dei Filosofi e Una Piazza per sentimento, l’associazione Filosofia fuori le Mura organizza un altro incontro nella città, un viaggio filosofico alla scoperta dei luoghi di Virgilio. Una passeggiata magica fatta di voci, stimoli, musica, volti, esperienze. Virgilio, sarà guida, non tra i passaggi inferi, ma lungo una grotta, quella di Seiano, simbolica di ascesa interiore che dal mare di Nisida porta al mare della Gajola. Sarà il passaggio interno alla collina di Posillipo, fin dove si apre lo scenario del lato disceso della Città, dove Partenope diventa Napoli, operosa d’incanto. La filosofia nasce a Napoli come farmaco per la cura dell’animo, a Posillipo, alla Gajola, a Piedigrotta, i luoghi non sono mai indifferenti alle persone che li vivono. Diventano circoli di comunità, dove ci si nasconde per ritrovarsi, perché il nascondimento è il tessuto di cui è fatto il vestito dell’intimità. Con la fine delle città autonome come comunità politiche, con la fine della “polis” e con l’estendersi dell’Impero Romano che apre a forme metropolitane di globalizzazione, Napoli diventa un rifugio, un luogo dove è possibile il riparo, un luogo clandestino. La filosofia cambia applicazione. Il tempo in cui Parmenide fu filosofo, perché governatore di Elea in Campania, era lontano come anche il tempo di Platone filosofo, perché la filosofia fosse al governo, era finito. L’idea della politica che riflette la cura di sé in quella degli altri, quel dialogo interiore che doveva riflettere l’aver cura dell’anima come della Città, era ormai uno specchio rotto. La filosofia restringeva così la sua applicazione al mondo interiore. Epicuro poteva allora invitare a vivere nascosti, “lathe biosas”, consensuale a una clandestinità del Sé. L’utopia interiore cominciava così. A Napoli la scuola epicurea trovava il suo “giardino”, fu dominante.
La filosofia che nasceva nella città si raccontava nell’utopia dell’intimità. Napoli città interiore. Questa valenza, rimane, si esprimeva allora, e si esprime anche ora, nella bellezza del luogo, nel paesaggio che “lenisce il dolore”, “pausilipon”, giusto fu il nome, dove la scuola epicurea realizzava il circolo di una comunità a riparo dalla globalizzazione. Nasceva una nuova filosofia e a esprimerla erano di nuovo, come un tempo più antico, i poeti, che la raccontavano in versi e frammenti, scultori di aforismi e massime che potessero regolare la vita e salvare l’animo travolto dalle passioni. Qui si rifugiava Virgilio che divenne presto il riferimento salvifico per i Napoletani, la sua opera assunse presto un risalto popolare. Non poteva essere altrimenti. Sapeva di farmaci, di erbe medicali, di rimedi al male. Era, non a caso, un druido, conosceva spelonche e segrete vie che mettevano in comunicazioni distanze e intervalli. Alla fine divenne “mago”, come furono chiamati, e accusati, i filosofi alla fine dell’Impero, e fu santo in una trasfigurazione ancora oggi dominante sotto copertura di un altro nome.
A noi lascia la filosofia come terapia, filosofi medici, avrebbe detto Nietzsche, che ricordava nella sua “scienza felice” l’audacia dei Napoletani a sfidare con fiducia la vita. Quella valenza della filosofia come cura rimane, nel modo in cui soltanto si può intendere in filosofia come aver cura dell’altro perché abbia cura di sé. In questa circolarità interiore si dà l’intima utopia di questa città, bisogna farla uscire dalla clandestinità. Napoli oggi vive il maggiore flusso di turismo degli ultimi anni, sarà perché ritorna ad essere la città rifugio alla globalizzazione. Qui la filosofia attende a rimettere in circolo la cura di sé come cura della comunità, attende a che la città diventi scuola di comunità sociale per una società comune, liberando l’intima utopia della sua creaturalità. Ci ritroveremo una mattina d’inverno di domenica, il 20 dicembre alle 10.30 nell’ora imbalsamata del dolce e pigro risveglio del mare e del sole, quando l’immaginazione porta il sogno al pensiero per riflettere sul desiderio e sull’opera del cammino intrapreso e da intraprendere, senza l’ansia del tempo del raggiungimento, perché andremo insieme ed è questa la meta, fare sapienza della comunità, farsene capienti, esserne sapienti di legami di comunità sociale, che si sciolgono e s’intrecciano con l’arte della città. Farsi sapienti di legami, trovando il legante di relazioni care per essere eleganti di una comunità sociale in una società comune.

Giuseppe Ferraro