Tutti insieme, oltre l’autismo!

All'Arenella la mostra di Claudio Rinaldi e i progetti de ‘La città adattabile’

(di Mariateresa Di Pastena)

 

Domenica 29 settembre, dalle ore 18, all’Arciconfraternita Santa Maria del Soccorso, all’Arenella (piazzetta Giacinto Gigante, n. 38, Napoli) ci sarà l’inaugurazione della mostra di pittura del giovane Claudio Rinaldi, dal titolo  “Ehi, tutto bene?” (curata da  Manuela Torre), durante la quale si potranno ammirare i suoi suggestivi dipinti (interverrà anche il Monsignor Aldo Scatola, che ha anche, generosamente, messo a disposizione, nei pressi della parrocchia, dei locali per futuri laboratori artistici, che potranno stimolare ed appassionare altri ragazzi).  La mostra ha già riscosso grande successo ad aprile, quando, dal giorno 2, giornata mondiale della consapevolezza dell’autismo, ad ospitare i bellissimi dipinti di Claudio è stato il Pan, Palazzo delle Arti di Napoli. E questa è solo una delle tante testimonianze che l’autismo non è, e non deve rappresentare, un limite, ma un momento di incontro e di crescita per tutti. Recentemente, uno dei bellissimi progetti di volontariato che ha coinvolto gli adolescenti del comune di Napoli, assessorato alle politiche sociali, è stato “La città dei ragazzi”, ideato e realizzato dalla Locomotiva onlus, e il cui risultato finale è stato presentato nella Sala Consiliare Silvia Ruotolo della V municipalità. Grazie a questo progetto, un gruppo di adolescenti  (peer educator) ha scelto di dedicarsi alla tematica della disabilità e di conoscere ed approfondire lo spettro autistico. A tal fine, è nata la collaborazione con l’associazione “La città adattabile, Napoli per l’autismo” e con il nucleo operativo di neuropsichiatria infantile Asl Na 1. Dopo l’incontro con le mamme dell’associazione, presieduta da Cristina Gargiulo, e quello con la dottoressa Luisa Russo, neuropsichiatra infantile, nonché supervisore dell’associazione e del progetto, i ragazzi hanno dato vita al “Think blue” e ad una sinergia tra loro ed i ragazzi autistici, dividendosi in cinque gruppi, ad ognuno dei quali è stato affidato un ragazzo. Entrare nel loro mondo, che poi altro non è che il nostro, andare nel loro quartiere, a casa loro, e poi in giro, aiutarli a svolgere piccole mansioni quotidiane, coinvolgerli in attività ludiche, in passeggiate settimanali è stato quindi il segreto per entrare nel loro cuore, facendoli sentire, com’è giusto e naturale che sia, ragazzi come loro. Ed è proprio da qui che bisogna partire: fare il primo passo e andarsi incontro, come hanno fatto questi splendidi ragazzi che sono partiti da alcune parole chiave: connessione, scoperta, iniziativa, pregiudizio, empatia, momenti, divertimento, coraggio, soddisfazione, conoscenza. Parole che loro stessi  hanno riempito di senso, di significato, e che poi hanno trasformato in gesti, azioni. I ragazzi hanno poi raccontato la loro esperienza, appunto, durante l’incontro conclusivo del  progetto “Peer education”, al quale sono intervenuti, oltre ai genitori e a tutti i ragazzi del progetto, gli altri ragazzi coinvolti, l’assessore alle politiche sociali del comune di Napoli, Roberta Gaeta, l’assessore allo sport, salute, legalità e politiche sociali  municipalità 5, Valentina Barberio, e la responsabile del nucleo operativo di neuropsichiatria infantile dell’Asl Napoli 1 distretto 27, la dottoressa Luisa Russo.

E così, Kekko, Alessandro, Franci, Giorgio e Claudio hanno trovato tanti amici. Ed è, questa, un’altra parola chiave importantissima: i ragazzi autistici, come tutti i ragazzi, e forse ancora di più, hanno bisogno di amici, di non sentirsi soli, di essere accolti, compresi, amati. La cosa più brutta che si possa fare è temerli, scansarli, evitarli, o ignorarli. Avvicinarsi a loro, invece, e quindi  mettersi nei loro panni, viverli, conoscerli, sono piccoli grandi passi che fanno incontrare a metà strada e fanno in modo che quella stessa strada diventi a senso unico, che vada verso la stessa direzione.  

La scommessa più grande, che è poi stata vinta alla grande,  è stata quella di essere riusciti a coinvolgere Claudio, il più grande tra i ragazzi autistici coinvolti. 

“Avendo una personalità già formata ed essendo all’inizio molto timido” afferma Cristina Gargiulo, mamma di Claudio e presidente dell’associazione, “temevamo non riuscisse ad integrarsi con il gruppo dei ragazzi a cui è stato affidato, ma grazie a loro, e al suo amico della scuola media Michael, che ha fatto da tramite, la sua chiusura iniziale è stata superata in un modo sorprendente: dopo qualche resistenza, infatti, è andato volentieri a passeggiare con loro. Un’esperienza di socialità, un bellissimo traguardo, come il premio al concorso “Fabrizio Romano”, che Claudio ha ricevuto come terzo classificato, e che ha ritirato a nome del liceo che frequenta, il Vittorini, e a nome del dirigente e delle docenti referenti, per il progetto svolto all’interno della scuola, “Il nostro mondo a colori”, un bellissimo laboratorio di pittura. Anche quest’anno, questo liceo attuerà il corso di basket, raddoppiando gli incontri settimanali pomeridiani, che diventeranno due e ai quali potrà partecipare anche chi, come mio figlio Claudio, ha terminato il liceo.  Ringrazio, a nome di tutti i genitori, sia la scuola che il presidente dell’associazione ‘Napoli Baskin’, Stefano Argento, per questa bellissima opportunità. Quello che continua a preoccupare, infatti, sia me che le altre mamme, è il futuro di questi ragazzi, una volta finita la scuola. Usciti dalle scuole superiori, l’alternativa sarebbe il semiconvitto, il  che significherebbe isolarli, chiuderli in un contesto dove non potrebbero poi confrontarsi con la realtà, e con tutti gli altri ragazzi cosiddetti normodotati. Mi sto battendo da tanto tempo per cercare, e non solo per Claudio (che ha 19 anni, e che, appunto, a giugno ha finito la scuola superiore), ma per tutti i ragazzi della sua età, un’alternativa alla scuola nella scuola stessa, auspicando la nascita di laboratori o di attività sportive che possano essere svolte di mattina, e che possano accogliere ancora i ragazzi che ne hanno bisogno, dopo il diploma, magari coadiuvati da un educatore. Questo è il mio sogno, il nostro sogno!”.