L’appello dei giudici di Pace al cardinale Sepe

I magistrati dell’Associazione Nazionale saranno ricevuti il 13 febbraio

I magistrati dell’Associazione Nazionale Giudici di Pace del Mandamento di Napoli saranno ricevuti dal cardinale Crescenzio Sepe il 13 febbraio prossimo. I giudici onorari si sono rivolti al porporato per “la sua sensibilità verso i problemi sociali di ogni genere ed in particolare verso quelli connessi al mondo del lavoro”.

“Operatori del diritto al servizio dello Stato italiano, nella sfera più prossima ai più indigenti”, si sentono lavoratori bistrattati da quello stesso Stato che prima li ha chiamati a gestire un carico giudiziario davvero notevole e poi, di punto in bianco, li sta per scaricare.

Sotto accusa la legge delega 57/16 di riassetto della figura del Giudice di Pace. Un provvedimento oltremodo penalizzante nei confronti dei magistrati attualmente in servizio. “Se ciò avvenisse – spiega Vincenzo Crasto, presidente emerito dell’Associazione Nazionale Giudici di Pace, in servizio presso l’Ufficio del Giudice di Pace di Barra – si ingolferebbe gravemente il procedimento, causando inutili lungaggini, mancanza di certezza del diritto e, contestualmente, determinerebbe la perdita di lavoro per noi Giudici di Pace che per anni ci siamo impegnati a garantire il rispetto della legge a tutela del cittadino, riservando particolare attenzione alle esigenze dei diritti delle persone appartenenti ai ceti meno abbienti”.

“Si creeranno – aggiungono i diretti interessati in attesa di essere ricevuti dall’arcivescovo – cinquemila esodati, i giudici in servizio, da sostituire con “giudici per caso” che amministrerebbero la giustizia con modalità hobbistiche, chiamati a tenere udienza raramente, inesperti, scarsamente motivati e retribuiti in modo pressoché simbolico, ma senza risparmi per la spesa pubblica, soggetti privi di qualsivoglia autonomia e indipendenza e che non darebbero alcuna garanzia al cittadino di ricevere giustizia”.

Il progetto di riforma determinerebbe certamente un eccezionale rallentamento dei giudizi, in alcuni casi il blocco dei processi e un numero enorme di appelli dinanzi ai tribunali. Attualmente gli appelli alle sentenze dei giudici di pace non arrivano al 3%. Il rischio reale è che si arrivi ad impugnare il 50-60% delle sentenze emanate con circa 700-800mila cause aggiuntive che si riverserebbero sui tribunali, paralizzandoli.