Il suicidio sportivo del Calcio italiano

Da Muntari a Pechino ogni stagione è sempre peggiore della precedente

Fabio de Paulis

Riesce sempre più difficile parlare di calcio in Italia per quello che si sta vedendo da circa otto anni a questa parte. Dall’episodio di Muntari a quelli di Pechino in poi, ogni stagione calcistica è sempre peggiore della precedente. Sembra che il concetto di sportività e fenomeno calcio siano discorsi che non stanno più insieme. Ma andiamo per ordine e non di certo per elencare le clamorose sviste arbitrali che hanno condizionato stagioni intere, ma nell’assurda idea di cercare di capire chi e cosa spinge a perseverare sulla linea del suicidio sportivo, partendo proprio dalla Nazionale. Dal mondiale vinto nel 2006, l’anno dello scoppio del bubbone calciopoli che ha portato dietro patteggiamento la Juventus ad accettare la serie cadetta con penalizzazione in termini di punti, oltre la revoca di due scudetti; la Nazionale italiana è uscita per due volte al primo turno della fase finale dei mondiali in Sud Africa e in Brasile, mentre ai mondiali scorsi in Russia non si è neanche qualificata. Ma dopo le neanche tanto roboanti dimissioni del presidente Tavecchio e del CT Ventura, tutto è ritornato come prima se non peggio di prima, senza nessuna rivoluzione strutturale e/o programmatica che ne stravolgesse il conclamato sistema fallimentare per ripartire da zero. Del mancato cambiamento ne sta pagando lo scotto anche il neo CT Mancini, che già rischia la retrocessione nella categoria inferiore della nuova UEFA Nations League, dopo il pareggio con la Polonia e la sconfitta col Portogallo. Ma nonostante tutto, nulla si muove. Anzi tutto si ripete uguale, con le figuracce di Orsato e le criticatissime decisioni di Banti dopo Juventus Napoli dell’ultimo turno, che guarda caso, hanno in comune le circostanze che le squadre che affrontano i bianconeri finiscono le loro partite in dieci, mentre falli anche peggiori non vengono sanzionati al contrario. E’ innegabile che i tifosi bianconeri siano il numero più consistente in Italia e quindi una buona fetta di italiani sarà contenta di aver vinto nonostante gli “errori” arbitrali che si dice facciano parte del gioco. Ma di quale gioco stiamo parlando se da otto campionati e quattro coppe Italia il risultato è sempre uguale e cioè che con gli “errori arbitrali” vince sempre la stessa squadra. Ma ritorniamo alla nazionale e qui sembra esserci un qualcosa che nessuno riesce ad intravedere. Con il bombardamento mediatico e le vittorie in serie, sempre poco chiare, si creano nuovi consensi attorno alla Juventus, soprattutto nei ragazzini, e si alimenta anche quello dei meridionali tifosi della Juve a discapito delle identità territoriali, il che contribuisce a distruggere il clima di solidarietà sportiva in un paese già povero e lacerato, socialmente e politicamente.

La distruzione delle Nazionale che come abbiamo visto non partecipa neanche al mondiale, sta creando una sorta di disaffezione controllata. Succede quindi che molti, per colmare questo vuoto, riversano le proprie aspettative nella Champions League. Il risultato finale sarà quello di fare in modo che la gente finisca per identificarsi, non più nella squadra del proprio territorio, ma in una che rappresenti il potere e la probabilità di vincere fuori dai confini nazionali, anche se non è la Nazionale. Una volta si diceva che gli italiani si riscoprivano tali solo durante i mondiali di calcio, ebbene oggi neanche più quello. Il potere economico del calcio comporta molti più profitti a chi vince la Champions League piuttosto che qualche trofeo della nazionale dove vincerebbe solo la Federazione Italiana Gioco Calcio, la FIGC. Ora se l’obiettivo finale è distruggere la Nazionale per fare della Juventus la squadra della nazione, proprio come i peggiori regimi dittatoriali (Steaua Bucarest piuttosto che Dinamo Berlino), è evidente che il baratro della società italiana è molto più vicino di quello che si crede, soprattutto nel mondo del calcio.

A questo punto si inserisce il curioso fenomeno della discriminazione territoriale e razziale, che è sistematica in tutti gli stadi senza che nessuno intervenga a limitarne gli effetti, in un Paese tanto sensibile al fenomeno dell’immigrazione, ma altrettanto sordo a quello della discriminazione nei confronti di Napoli e napoletani. Ma allora forse c’è dell’altro, e ci domandiamo: quante slot machine e sale da gioco sono sorte nel territorio nazionale ? Quante agenzie di scommesse sono sorte sul territorio nazionale negli ultimi sette, otto anni ? E ancora, se scommettere sulla vittoria della Juventus dà un risultato certo al cento per cento, (Otto campionati vinti su otto e le ultime quattro coppe Italia sempre con errori arbitrali certificati), quale può essere il vantaggio per le agenzie in termini di alea della scommessa se vi sono eventi sicuri al 100 % ? La riposta potrebbe essere nel riciclaggio di danaro proveniente da attività illecite da parte della criminalità organizzata. Non conta, infatti, se la quota della vittoria è bassa, anche intorno 15 % o 20 %; quel che conta è la certezza che investendo milioni di euro dopo due orette circa ti ritornano ripuliti e con l’aggiunta di un simpatico bonus. Trovate un’operazione finanziaria, nel mondo della finanza, più certa di questa. E se la partita dovesse mettersi male? L’arbitro ti fa giocare in dieci come in: Inter Juventus, Chievo Juventus (addirittura in nove) e l’ultima Juventus Napoli. Ma se proprio non si dovessero verificare episodi da espulsione, ecco che la partita durerà altri sette minuti oltre il tempo regolamentare per poi concedere un bel rigore inesistente al 97°, come in Juventus Milan del marzo 2017. Alla faccia dello spirito dello sport.