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IL FATTO

Un piccolo parassita, un grande impatto

parassita 1

UN PICCOLO PARASSITA, UN GRANDE IMPATTO: PUBBLICATO SU SCIENTIFIC REPORTS UN NUOVO STUDIO DELLA STAZIONE ZOOLOGICA ANTON DOHRN
Un minuscolo crostaceo può avere effetti sorprendenti sull’equilibrio della vita marina. È quanto rivela un nuovo studio pubblicato su Scientific Reports (gruppo Nature), dal titolo “Parasitic Pachypygus gibber poses a silent threat to reproduction and development in Ciona robusta” (volume 15, articolo n. 34594, 2025).

La ricerca, coordinata dalla Stazione Zoologica Anton Dohrn nell’ambito del National Biodiversity Future Center (NBFC), in collaborazione con il Natural History Museum di Londra, mostra come il copepode ascidicolo Pachypygus gibber agisca da vero e proprio parassita del tunicato Ciona robusta, uno degli organismi modello più utilizzati nella biologia marina e nello studio dell’evoluzione dei cordati.

L’attività scientifica è nata in modo del tutto fortuito: durante la tesi di laurea magistrale, il dott. Sebastiano Scibelli, oggi assegnista di ricerca presso la Stazione Zoologica Anton Dohrn e primo autore dello studio, osservò casualmente la presenza del copepode all’interno dell’ospite Ciona robusta, mentre eseguiva normali fertilizzazioni in vitro sotto la supervisione del dott. Valerio Zupo.

Da quella semplice osservazione si è sviluppata una linea di ricerca che, nel tempo, ha unito approcci zoologici, ecologici e morfologici, approfondendo la natura e le conseguenze di questa peculiare interazione simbionte-ospite.

Il progetto è proseguito in collaborazione con il dott. Mirko Mutalipassi, da poco ricercatore presso la Stazione Zoologica Anton Dohrn, dove fa parte del Laboratorio di Ecologia Funzionale del Benthos. Mutalipassi, co-primo autore dello studio, si occupa di interazioni tra specie a livello chimico ed ecologico e ha contribuito all’inquadramento ecologico della scoperta, evidenziandone le implicazioni per la comprensione delle relazioni interspecifiche e dei processi di regolazione negli ecosistemi marini.

Avviata nel 2023, la ricerca ha incluso esperimenti a lungo termine condotti su linee parentali di Ciona robusta infestate e non infestate dal copepode P. gibber. L’analisi della produzione e della vitalità della progenie ha rivelato che la presenza del parassita riduce drasticamente o annulla la capacità riproduttiva dell’ospite, compromettendo il normale sviluppo embrionale e larvale.

Tali effetti incidono direttamente sul reclutamento naturale, fase chiave per il mantenimento delle popolazioni di Ciona robusta, specie caratterizzata da cicli demografici stagionali di esplosione e contrazione. In questo contesto, l’azione del parassita può portare nel tempo a collassi locali delle popolazioni e a profondi squilibri ecologici.

Questi risultati dimostrano che interazioni marine apparentemente neutre o commensali possono nascondere complesse dinamiche parassitarie, capaci di alterare la vitalità e la struttura delle popolazioni naturali.

In assenza di un adeguato ricambio generazionale, le popolazioni residue risultano esposte a maggiore pressione competitiva e predatoria, e possono diventare ancor più vulnerabili all’infestazione, innescando un potenziale circolo ecologico di regressione che altera la stabilità degli ecosistemi bentonici.

Gli autori sottolineano inoltre che la mancata rilevazione di organismi come P. gibber durante le fasi sperimentali delle ricerche potrebbe aggiungere, o aver aggiunto, inconsapevolmente un bias nei risultati di molti studi internazionali condotti su Ciona robusta.

Lo studio, tra i primi a dimostrare in modo diretto che organismi marini apparentemente innocui possano agire da parassiti, offre una nuova prospettiva sulla biodiversità delle interazioni ecologiche e sul ruolo dei simbionti nella regolazione delle popolazioni naturali.

“La biodiversità non è solo varietà di specie, ma una rete intricata di relazioni che ne determinano equilibrio e resilienza”, spiegano i ricercatori. “Comprendere queste connessioni nascoste è fondamentale per capire come funzionano davvero gli ecosistemi marini e come reagiscono ai cambiamenti ambientali.”

La ricerca evidenzia l’importanza di approcci integrati e multidisciplinari, che uniscono biologia marina, ecologia, zoologia e tassonomia per comprendere appieno le dinamiche tra le specie e i loro effetti sugli ecosistemi costieri.

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